Ad Oristano c'e' un auto blu ogni 1.600 abitanti. Il Governo Italiano ha 2 volte e mezzo le auto blu del Governo Inglese. Alcuni Comuni non rispondono alla richiesta del Governo Italiano di dire quante auto blu hanno. E poi le persone si incazzano e vengono chiamate populisti. 3 cose le voglio dire: 1) ai cittadini di Oristano dico che e' ora di scendere dal divano e di fare vendere quelle auto blu. Al Governo centrale che 2) se nell'epoca dell'open data i Comuni non rispondono vengano sanzionati pesantemente e che 3) potrebbero essere dismesse tutte le auto usate per funzioni istituzionali in tutti i Comuni sotto i 100.000 abitanti. Altro che fare le belle statuine nei programmi televisivi, svegliateVi e fate funzionare lo Stato Italiano dandogli credibilita', se si vuole si puo' fare. E i Sindaci dei Comuni medio-piccoli prendano Uber o un taxi normale, che almeno fanno girare l'economia e creano posti di lavoro.
Fonte: http://www.repubblica.it/economia/2017/07/06/news/il_ritorno_delle_auto_blu_in_un_anno_novemila_in_piu_il_primato_va_a_oristano-170081246/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S1.4-T1
valorepubblico
giovedì 6 luglio 2017
martedì 8 novembre 2016
BUROCRAZIA E VALORE PUBBLICO: PERCHE' LA PA DEVE CAMBIARE
martedì 11 ottobre 2016
MILANO E LA LEADERSHIP DELLE CITTA'
La leadership di una città (city leadership) può essere
definita come l'attività con cui le città e i loro principali attori attivano
una funzione di guida e mobilitazione di altri attori (i cosiddetti followers,
possono essere cittadini, organizzazioni di ogni tipo ma anche altre citta')
rispetto al perseguimento di determinati obiettivi. Ci possono essere esempi di
buona o cattiva leadership, ma tutte le città e gli attori sono leader o
followers a seconda delle situazioni. Alcuni esempi: Milano ha da sempre una
leadership economica sul resto d'Italia, ma può essere vista come follower di
altre città europee, come Londra e Berlino. In particolare si distinguono
tre tipi di city leadership:
politica, manageriale e civica. Stefano Parisi e Giuseppe Sala hanno tutte e
due concentrato la loro narrativa sulla dimensione manageriale della city
leadership, parlando di temi come la riduzione dei costi e l'efficientamento
del Comune, la gestione di servizi pubblici migliori, l'introduzione di nuove
tecnologie (tutto il dibattito su Milano smart city) e di nuove forme di
organizzazione sociale (ad esempio il co-working). Una narrativa manageriale
ben interpretata.
La leadership politica di Milano consisterà invece nella
capacità di competere e/o collaborare con le altre città europee e del mondo.
Questo tema è stato quasi del tutto assente dal dibattito. Come si vuole
posizionare Milano in queste reti globali? Ad esempio, come Milano vuole provare
a vincere la competizione con Londra e in che ambiti? Veniamo ora alla
dimensione civica della city leadership. Qui la metafora è un'altra: Quarto
Oggiaro come emblema delle periferie milanesi. Non si può parlare di leadership
civica se non si pensa a cosa si percepisce a Quarto Oggiaro e altre zone, come
ad esempio viale Padova, dove, più che di dibattiti sulla smart city, si parla
della paura di camminare nelle strade e della fatica di arrivare a fine mese. Messaggio finale: il Sindaco di Milano Beppe Sala dovrà avere in
agenda ogni giorno la competizione con Londra e le altre principali città
europee, ma anche il disagio sociale di Quarto Oggiaro e delle altre periferie.
Coniugare questi due livelli di senso in una coerente e moderna attività
amministrativa appare dunque la vera sfida da cui dipenderà la capacità di
leadership di Milano nel suo insieme.
mercoledì 20 aprile 2016
COMUNITA' E SOCIETA' AI NOSTRI TEMPI
Domani faro' un intervento sul pensiero di Ferdinand
Tönnies presso l'Universita' dove lavoro. Non sono un sociologo, ma la lettura
del piu' celebre libro di Tönnies, Comunita' e Societa', mi ha sollecitato
alcuni interrogativi che condivido.
Brevemente: la comunita' viene intesa come quel luogo dove i rapporti sociali emergono in seno alla famiglia
per estendersi poi ai rapporti di vicinato e di amicizia; tali rapporti si
basano sull'interazione personale improntata a principi di intimità,
condivisione di linguaggi, significati, abitudini, spazi, ricordi ed esperienze
comuni. Nella società, invece, i
rapporti tendono ad improntarsi al modello dei rapporti di scambio di mercato,
ad essere impersonali e formali.
La questione chiaramente non e’ chiedersi se sia meglio la
comunita’ o la societa’, in quanto, anche in Tönnies, comunita’ e societa’ sono
due categorie concettuali in cui leggere l’evoluzione verso la modernita’, ma
che convivono nei rapporti sociali. Il punto piu’ potente del pensiero di Tönnies
applicato ad oggi e’ quindi come e quanto i valori comunitari sono ancora
eticamente rilevanti per farsi problema politico nella societa’ moderna.
In altri termini e semplificando (e questo e' un mio pensiero): ben venga piu’ societa’ e
meno comunita’ se questo serve a far uscire zone e aree dal familismo
amorale e dal metodo mafioso, ma ben venga anche una riscoperta di alcuni
valori comunitari nelle societa’ dove l’individualismo e l’indifferenza regnano
come risultato di un’asseufazione a strutture sociali che da mezzo si sono
fatte fine.
Occorre inoltre interrogarsi su come la rete stia modificando
la comunita’ e la societa’ ed in che modo, od oppure ancora se la rete sia una nuova categoria concettuale in cui leggere i rapporti sociali (tesi che sostengo). Ne parleremo in un altro post, ma ben vengano i vostri commenti e/o contributi su questo tema.
venerdì 22 gennaio 2016
L’OSSESSIONE PER LE "BEST PRACTICES": ALCUNE RIFLESSIONI (A. Braga)
“Best practice”, un
termine che all’inizio degli anni Novanta attirava sempre più interesse attorno
al mondo della ricerca, è diventato oggi un termine spesso abusato, quasi un cliché. Di fatto, come spesso accade,
l’abuso di una terminologia può condurre a risultati che spesso allontanano dal
suo significato originario.
Sfogliando le
pagine dei motori di ricerca troviamo centinaia di definizioni di “best
practice” più o meno simili fra di loro. Tuttavia, molte definizioni enfatizzano
solo la capacità di questa buona pratica di produrre risultati “migliori”, senza
considerarne l’ambito spazio-temporale (ovvero dove nascono queste pratiche).
In altre parole, spesso si considerano come “best” delle pratiche che possono
essere usate come benchmark e possono essere replicate ovunque. E questo è
l’errore più grande.
Difatti, bisogna sempre ricordare che la pratica migliore
è “una procedura o un set di procedure che sono migliori o da considerare uno standard
all’interno di una organizzazione,
azienda, ecc…” (tradotto da Dictionary.com). A tal riguardo, sebbene talune
pratiche possono avere maggiore successo di altre, tale successo è maggiormente
correlato alle caratteristiche del contesto all’interno del quale le pratiche
vengono adottate, piuttosto che riconducibile alla mera capacità dei manager di
adottare tali riforme.
Infine, come
ricorda Robert B. Behn (Harvard University) in un Public Management Report del
2006, se le pratiche migliori sono replicabili ovunque, i manager non avrebbero
più bisogno di “pensare”, ma solo di copiare quello fatto da altri. Mentre la
vera sfida è studiare a fondo la propria organizzazione, capirne i punti di
forza e di debolezza e analizzare il contesto di riferimento e capire come
l’organizzazione deve evolvere ed innovare per sopravvivere.
Alessandro Braga
venerdì 18 dicembre 2015
PIU' LEADERSHIP E MENO FOLLOWERSHIP PER COSTRUIRE L'EUROPA
Renzi va in Europa e attacca la Merkel per guadagnare popolarita' e consenso in Italia. La Merkel frena su questioni bancarie per non perdere consenso all'interno della CDU, il suo partito. All'Europa serve piu' leadership e meno followership, piu' democrazia e meno tecnica. L'Europa e' la nostra destinazione, ma, come popolo, dobbiamo riappropriarci dei passaggi per costruirla.
venerdì 18 settembre 2015
CIVIC ENGAGEMENT NEGLI STATI UNITI: IL CASO DEL SERVIZIO “3-1-1 NON-EMERGENCY"
Il servizio di non
emergenza 3-1-1 rappresenta un interessante modello di collaborazione e di
gestione condivisa delle criticità legate ai servizi pubblici. Si basa sulla
condivisione di canali di comunicazione basati su interazioni asincrone di tipo
molti-a-molti che permettono al cloud di far circolare liberamente segnalazioni
riguardanti carenze nei servizi pubblici, nonché situazioni di disagio o
degrado che non rientrino nei tradizionali canali di 9-1-1 detti “di
emergenza”.
Questa tecnologia –
senza una risposta immediata ed efficace dell’ente pubblico che la supporta –
rimarrebbe fine a sé stessa e non si sarebbe così sviluppata negli anni come
“best practice” soprattutto nelle città metropolitane degli Stati Uniti. In
particolare, questo servizio è diffuso principalmente nelle grandi città
metropolitane (più di 60 sono i servizi 3-1-1 attivi nelle metropoli) e in
misura più marginale nelle contee (circa 10 quelli sinora arrivati).
Il successo di
questo modello di civic engagement scaturisce
proprio dalla rapida risposta dell’ente pubblico. Ciò consente – da un lato – che
il cittadino si possa sentire “ascoltato”, mentre – dall’altro lato –
incoraggia la diffusione di questa forma di cittadinanza attiva e rende i
cittadini stessi co-responsabili della sicurezza, pulizia, tranquillità della
città.
Inoltre, il
servizio 3-1-1 permette non solo un dialogo aperto e libero fra ente pubblico e
cittadino, ma agevola altresì un dialogo interno all’ente pubblico per la gestione
condivisa di problemi comuni. Infatti, se prendiamo ad esempio il caso del
servizio 3-1-1 della città di Baltimore in Maryland (la prima città in America
dove è stato attivato questo servizio nel 1996), le segnalazioni possono coinvolgere
le seguenti aree (polizia (servizi non di emergenza); lavori pubblici; tutela e valorizzazione dell’ambiente (rifiuti); verde pubblico (parchi e aree gioco); controllo animali; salute)
Sebbene la
diffusione di tale servizio sia sempre di più in aumento, poche tracce e studi
si sono finora affrontati circa l’efficacia di questo modello di civic
engagement. Di conseguenza questo breve intervento si chiude con alcune
domande, che future attività di ricerca dovranno provare a rispondere. Un primo
tipo di domande sono riferite alla gestione del modello tecnologico, mentre un
secondo tipo di domande sono riferite al modello organizzativo. Come si possono
gestire le eventuali segnalazioni false o corrotte? Si può quantificare la
capacità e la velocità di evasione delle richieste? Inoltre, come è possibile quantificare
l’efficacia di questo servizio in termini di miglioramento dei servizi
pubblici? E quantificare l’efficienza nella gestione dei servizi che deriva da
un più rapido ed accurato intervento?
Alessandro Braga
Iscriviti a:
Post (Atom)