mercoledì 21 gennaio 2015

UN'ALTRA RIFORMA PERCHE' TUTTO CAMBI E NIENTE CAMBI?


Le regole stabilite per i lavoratori privati dal Job Act non saranno applicate ai dipendenti pubblici ha chiarito Marianna Madia, ministro della Funzione Pubblica. In particolare, per i dipendenti pubblici sarà sempre previsto il reintegro nel cado di licenziamento disciplinare illegittimo, Non sarà, dunque, possibile applicare l'istituto del solo indennizzo previsto dal job act per i lavoratori privati. Rimane sostanzialmente invariata la disciplina del lavoro per il pubblico e resta la disparità di trattamento tra i dipendenti pubblici e quelli privati. Si perde così l'occasione di una parificazione giuridica di cui da anni, forse decenni, si discute senza riuscire a produrre norme omogenee.

Insieme alle precisazioni del Ministro arrivano gli emendamenti alla legge delega in commissione parlamentare. Tra questi ce n'è uno particolarmente significativo che limita la responsabilità amministrativo-contabile dei dirigenti agli atti di sola gestione, escludendola per quelli che sono attuazione di un indirizzo politico. I dirigenti, dunque, non possono essere ritenuti responsabili di danni erariali provocati dalle scelte politiche di chi li indirizza. E' anche qui ci pare vi sia un eccessivo riequilibrio rispetto alle norme "riformatrici" e di un esagerato allontanamento tra politics e policy. Perché un dirigente pubblico dovrebbe essere sollevato da qualsiasi responsabilità amministrativa nell'attuazione dell'indirizzo politico? D'altronde l'attuazione rientra nelle funzioni demandate alla pubblica amministrazione fin dal XIX secolo e non si comprende perché si cerchi di alleggerire la responsabilità di chi è chiamato a porre in essere l'effettività delle decisioni politiche.

La delega prevede inoltre l'inserimento di  ruoli unici (uno a livello statale, uno regionale, uno degli enti locali) da cui verranno «pescati» per rivestire di volta in volta incarichi diversi. Qualora per due anni consecutivi non ne riceveranno, saranno licenziabili.
Così come prevede la fissazione di «limiti assoluti» al loro «trattamento economico complessivo». Un emendamento del relatore ieri ha invece cancellato le quote percentuali (30% per la retribuzione di posizione e 15% per quella di risultato) che la delega aveva fissato. Percentuali che verranno decise dal decreto attuativo. Anche se quest'ultimo punto ci limitiamo a segnalare una proposta: perché non abolire direttamente la retribuzione di posizione per i dirigenti pubblici? Qual è il senso di essere pagati per il solo fatto di ricoprire una posizione? Potrebbe essere una soluzione più razionale e tendente all'efficienza quella di abolire la retribuzione di posizione e prevedere una retribuzione composta per un certo ammontare uguale per tutti dallo stipendio (70%) ed il restante (30%) legato al raggiungimento dei risultati.

Si segnala anche l’emendamento che inserisce nel ruolo unico dei dirigenti statali anche quelli delle università e degli enti pubblici di ricerca. Esclusi invece, senza apparente motivazione, dal ruolo unico dei dirigenti regionali (che comprende gli amministrativi del Servizio sanitario nazionale) i veterinari e i dirigenti sanitari. Non entreranno nel ruolo unico degli enti locali nemmeno i direttori generali dei Comuni.
Quanto ai dipendenti della Pa e ai procedimenti disciplinari, gli emendamenti modificano l’articolo 13 puntando a semplificare le norme sulla valutazione, riconoscendo merito e premialità, sviluppando sistemi distinti di misurazione del raggiungimento dei risultati della struttura e dei singoli, utilizzando standard di riferimento e confronti. Inoltre, viene prevista «l’introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei dipendenti finalizzate ad accelerare, rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l’esercizio dell’azione disciplinare». È questo l’ambito in cui dovrebbero inserirsi le norme più stringenti sul licenziamento, fin qui non meglio precisate, che però, a detta del ministro Madia, nel caso di quelli disciplinari illegittimi, prevederanno comunque il reintegro e non la conclusione del rapporto di lavoro previo indennizzo. Con buona pace degli assenteisti.

Lorenzo Castellani


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